Quando il libro pionieristico del defunto Edward Said, orientalismo, uscito nel 1976 (in coincidenza con la conclusione del mio lavoro di dottorato in America), il mondo accademico ne fu preso d'assalto; non sorprende che meno nel mondo occidentale, più tra noi nelle ex colonie.
E, giustamente.
Il libro descriveva in dettaglio come l’Occidente colonizzatore fosse riuscito per la prima volta a “costruire” una visione degli arabi, in particolare come specie selvaggia, sessualmente sovraccarica e violenta della razza umana, il tutto con un colpo di pennello teorico, acritico e settario, e poi procedette a giustificare la “missione civilizzatrice” predatoria della razza bianca.
Che si trattasse in gran parte di uno stratagemma per espropriare il petrolio e altre regioni ricche di risorse del Medio Oriente secondo un modello imperialista, reso poi senziente da covoni di studi progressisti, è stato così dimostrato da Said, un professore cristiano palestinese alla Columbia University con più competenze che un interesse meramente per gli studi letterari inglesi.
Si ricorda come la tesi abbia mandato molti di noi qui nel mondo accademico indiano in una frenesia di conferenze (per usare la parola americana per seminario). All'improvviso, essere intellettualmente all'avanguardia significava avere familiarità orientalismo e sapere come vendicarsi “in teoria” del malvagio Occidente.
Sempre un po' lontano dalla tendenza del momento, ricordo di aver suggerito in uno o due seminari come una delle cose che questo libro avrebbe potuto renderci possibile fosse quella di esaminare i nostri orientalismi all'interno della nostra storia nazionale.
Ad esempio, potremmo iniziare a esplorare come le élite delle caste superiori, in questo paese, abbiano similmente “costruito” in venerati testi culturale-teologici visioni congeniali delle caste oppresse e delle comunità tribali – anzi anche di altri segmenti sociali della popolazione, compresi i religiosi. minoranze – e ha utilizzato queste costruzioni per mantenere in piedi l’egemonia possidente del governo delle minoranze.
Tali costruzioni avevano per secoli ritenuto la stragrande maggioranza, donne incluse, come inadatte alle attività intellettuali, e quindi utili solo in situazioni subordinate per favorire la gloria della terra, che risiedeva principalmente nelle conquiste dei nati due volte.
Purtroppo, nella frenesia messa in moto dal libro di Said, solo una manciata di ritardatari sembrava trovare queste riflessioni degne di essere messe in primo piano collegando le nostre esplorazioni al contributo teorico di Said.
Naturalmente qui mi riferisco principalmente agli studi provenienti dalla comunità degli studi letterari.
Ora, mentre scriviamo, arriva la notizia che ha un rampollo di Gladstone proclamato la loro determinazione a scusarsi per la schiavitù e, presumibilmente, per le ricchezze ricavate dal lavoro degli schiavi.
Che il capitalismo occidentale abbia avuto le sue prime radici nell’espropriazione del lavoro schiavo è ovviamente ormai un fatto storico assodato.
Giusto per ricordarcelo, ce ne sono altri (non solo il clan Gladstone), molto famiglie illustri in Inghilterra, America ed Europa, il cui patrimonio è in gran parte dovuto alla tratta degli schiavi transatlantica.
Inoltre, istituzioni accademiche consacrate come Oxford e Yale, e anche le borse di studio di valore per le loro sale e aule devono la loro grandezza ai soldi guadagnati da “gentiluomini” come il signor Rhodes e il signor Yale dallo stesso settore.
Chiaramente, la guida coscienziosa di Gladsone è ammirevole, e molti altri potrebbero emularla.
Interiorizzare la lezione
Ma, ancora una volta, il punto rimane: siamo noi, nelle ex colonie, gratificati da tali gesti, disposti a interiorizzare una lezione da tali iniziative storiche?
Siamo disposti allo stesso modo a chiedere scusa ai nostri indiani Bahujan (indicati nei testi braminici come Shudra e Intoccabili e classificati al di sotto di alcuni animali scelti per significato) per le atrocità sfogate su di loro nel corso di millenni inconcepibili?
Se si sostiene che, dopo tutto, l’India moderna ha messo al bando costituzionalmente l’intoccabilità, anche il mondo occidentale ha abolito nei libri la schiavitù e la discriminazione razziale.
Eppure, alcuni si stanno facendo avanti per chiedere scusa, forse nella speranza che tale iniziativa possa aiutare coloro che combattono la continua pratica della discriminazione razziale in Occidente.
E chi dice che in India l’intoccabilità sia praticamente finita?
Pensate all’onorevole giudice che aveva l’intera sede del tribunale”purificato” con le acque del sacro Gange perché il suo predecessore era un Dalit.
Se si tratta di un funzionario di un tribunale, possiamo ben immaginare cosa accade tra le comunità locali; in effetti, settori dei media così nazionalisti, per fortuna, hanno ancora il coraggio di riportare eventi di questo tipo.
Siamo disposti a chiedere scusa alle legioni delle nostre donne vedove per l’inconcepibile crimine collettivo di averle fatte sedere su pire ardenti sulla base di una conoscenza falsa e dispettosa in modo che il loro diritto alla proprietà familiare potesse essere cancellato?
Siamo disposti a chiedere scusa a un ampio segmento delle nostre minoranze per averli costantemente “alterati” in modo tale da “costruirli” come cittadini non autentici immeritevoli di diritti di cittadinanza pieni e non discriminatori e di piena e percepita uguaglianza davanti alla legge?
Siamo disposti a chiedere scusa a milioni di nostri bambini che restano condannati a lavorare per ore interminabili in negozi, dhaba, gommoni e fabbriche senz’aria nelle corsie laterali di una città dopo l’altra, anche se la Costituzione vieta questo tipo di lavoro, privandoli del loro diritto fondamentale all’istruzione? e la salute?
Siamo disposti a chiedere scusa alla stragrande maggioranza della nostra popolazione per averli accusati delle loro cosiddette infermità, che in realtà derivano dal percorso di “sviluppo” che abbiamo scelto di perseguire contravvenendo alle disposizioni della Articolo 39 della costituzione che impone che non vi sia alcuna monopolizzazione della ricchezza, una disuguaglianza minima dei redditi e che denota “noi popolo” come i veri proprietari delle risorse nazionali?
E così via.
Edward Said e Gladstone hanno agito nobilmente nei confronti della loro stessa gente.
Ci sono acquirenti in India, cioè a Bharat?
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