Pochi giorni prima dello scioglimento dell’Assemblea nazionale progressista del Venezuela, i deputati hanno approvato una legge che getta le basi per un sistema alimentare veramente democratico. Il Paese non solo ha vietato le sementi geneticamente modificate, ma ha creato strutture democratiche per garantire che le sementi non possano essere privatizzate e che la conoscenza indigena non possa essere svenduta alle multinazionali. Il presidente Maduro ha firmato la proposta di legge prima di Capodanno, quando ha prestato giuramento una nuova Assemblea anti-Maduro.
Sin dai tempi di Hugo Chavez, il Venezuela si è sempre opposto all’agroindustria, compresi gli OGM, bloccando 500,000 acri di mais della Monsanto nel 2004. In effetti, la strategia formale di Chavez per il paese prevedeva la creazione di un “modello di produzione eco-socialista basato su un rapporto armonico tra uomo e natura”. L’obiettivo, esplicitamente, era la sovranità alimentare – il controllo democratico della produzione alimentare.
Ma ciò non ha impedito all’agroindustria di cercare di prendere piede nel paese. È in corso una guerra da parte del grande business agroalimentare, che sta cercando di monopolizzare il mezzo di vita – i semi – in tutto il mondo. In Africa, America Latina, Asia, perfino Europa. L’agroindustria sta facendo pressioni per nuove leggi più forti sulla proprietà intellettuale in modo che possano più facilmente prendere conoscenze e risorse tradizionali e brevettarle, traendo profitto dai diritti di monopolio.
L’agroindustria ha esercitato pressioni sui legislatori con la scusa che i semi GM metteranno fine alla carenza di cibo che il paese sta attualmente attraversando. Ma il forte movimento contadino venezuelano, parte della rete contadina internazionale La Via Campesina, ha reagito. Hanno sconfitto un disegno di legge del 2013 che avrebbe fornito una “porta di servizio” all’OGM e avviato un processo democratico di due anni, che ha coinvolto deputati, attivisti, contadini e gruppi indigeni, per forgiare una legge sulle sementi genuinamente progressista.
Il risultato è la legge approvata prima di Natale. Promuove metodi di produzione agroecologici, ovvero una forma di agricoltura che lavora con la natura ed evita sostanze chimiche, pesticidi e monocolture. Ha lo scopo di rendere il paese indipendente dai mercati alimentari internazionali. Vieta la privatizzazione delle sementi e promuove invece l’agricoltura su piccola e media scala e la biodiversità. L'articolo 8 «promuove, in spirito di solidarietà, il libero scambio delle sementi e si oppone alla conversione delle sementi in proprietà intellettuale o brevettata o qualsiasi altra forma di privatizzazione».
Il passo del Venezuela è estremamente impressionante, in primo luogo a causa della carenza di cibo che il paese sta attraversando – un risultato della profonda dipendenza dal mercato internazionale e degli sforzi di destabilizzazione provenienti dall’interno e dall’esterno del paese. Un commentatore sottolinea che "i venezuelani non si lasciano ingannare dalle promesse di una soluzione rapida per aumentare la produzione alimentare". La sovranità alimentare può produrre molto di più che metodi di coltivazione più intensivi, soprattutto a lungo termine.
Ma in secondo luogo è impressionante perché estende il processo decisionale al profondo della società venezuelana. I cittadini comuni hanno un ruolo costante da svolgere nella regolamentazione delle sementi. Nel tentativo di decentralizzare il potere, è stato istituito un Consiglio popolare, che si unirà a funzionari e politici nella definizione della politica alimentare a lungo termine. Alla fine il Venezuela si rende conto che l’unico modo per trasformare in realtà il sogno della sovranità alimentare è la democrazia economica.
Per tutti quei paesi che lottano contro l’agrobusiness, il Venezuela ha acceso un faro di speranza.
Nick Dearden è il direttore di Global Justice Now.
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